venerdì 7 settembre 2012

Max Pulver e "La Simbologia della Scrittura"

Max Pulver era un uomo di grande cultura; nacque a Berna nel 1889 e prima di orientare i suoi interessi verso la grafologia e la psicologia, pubblicò numerose opere letterarie e filosofiche.
Fu amico di vari psicologi del tempo, tra cui anche Freud e Jung; si accostò alla grafologia attraverso numerosi autori (conosceva anche Crépieux Jamin); principalmente il metodo di Max Pulver è derivato da quello di Klages che, pur criticandone alcuni apporti filosofici, ne apprezza altri, dandone una rilettura ed osservando le categorie segniche Klaghesiane specialmente da un punto di vista psicologico.
Pulver scrisse numerosi testi riguardanti la grafologia: l’unico tradotto anche in Italiano è “la Simbologia della Scrittura”, un testo grafologico molto apprezzato sia per il suo grande apporto teorico, ma anche perché dotato di tanta spontaneità e ricchezza comunicativa (difatti è stato dettato a voce).
Pulver nella sintesi grafologica della scrittura, analizza principalmente quattro aspetti: la qualità e peso del tracciato, il movimento (inteso come tensione e dinamismo), la vitalità del tracciato, il flusso del tracciato (si guarda il movimento in sé stesso). Un consiglio che Pulver dà al grafologo, è di osservare un gruppo di 3-4 lettere che di primo impatto potrebbero sembrare un dettaglio con poca importanza (lui le chiama “gruppo idioritmico”), da esso potrà capire l’aspetto tipico della personalità, i gesti espressivi che la contraddistinguono e che passano spesso inosservati.
Pulver tra i vari temi di cui parla, analizza la spontaneità della grafia e distingue la scrittura in: autentica, impropria e falsa. A tal proposito distingue i differenti mutamenti che si possono verificare all’interno della scrittura e valuta quali di essi denotano una diminuzione della spontaneità; ad esempio parla della velocità nel vergare uno scritto.

Un elemento molto conosciuto del metodo grafologico di Max Pulver è il simbolismo spaziale; egli infatti sottolinea che ci sono dei simboli arcaici che ci portiamo dentro dalla notte dei tempi, delle associazioni mentali che usiamo abitualmente nella vita e che ci orientano senza che noi ce ne rendiamo conto; di seguito ne riportiamo alcuni esempi:
- l’alto, il cielo, il giorno, la luce, la spiritualità
- il basso, la notte, le tenebre, la profondità, gli istinti
- a destra s’incontra l’altro, il futuro, l’estroversione, la realizzazione, il padre
- a  sinistra abbiamo il passato, le origini, la madre, il timore dell’io di andare avanti, l’introversione.


Tali simboli si rispecchiano nello spazio grafico (che corrisponde a quello della vita) e sono inconsapevoli per lo scrivente ed intuitivi per il grafologo.

 La collocazione spaziale ha un suo significato preciso (come sopra indicato) e, pertanto, nel considerare certi elementi, vengono privilegiati il corpo centrale del testo (tutte le lettere prive di allunghi) o gli allunghi cioè le parti della lettera che vanno oltre il corpo centrale.
Lettere con allunghi superiori : b, d, h, l - inferiori : g, p, q, t. Solo la lettera "f" li ha entrambi.


Il bagaglio energetico si mostra nella pressione del tracciato,
            
le aste ne rivelano le modalità di utilizzo, ovvero il grado di adattabilità nella flessibilità o meno: a destra (rilassamento), rette (tensione), a sinistra (contrazione) .


Il modo di percepire si mostra
- nel calibro (dimensione) che rivela soprattutto il concetto che si ha di sé
      
- nella larghezza delle lettere che si apre o meno a contenere
 
 - negli allunghi in riferimento all'interazione fra ragione e istinto
- nel tratto morbido o angoloso. Il segno curvo rimanda alla coppa, al movimento di apertura estroversiva. Gli angoli segnalano le difficoltà che si incontrano nel mondo oggettuale e le modalità di difesa applicate, che introducono un tratto introversivo (suscettibilità, diffidenza, adattamento).
 

Il modo di porsi si rivela
- nella tenuta del rigo (che è presente anche quando si adopera un foglio bianco), la quale indica una buona stabilità emotiva, senza adagiarvisi o impiantarvisi staticamente. L'eccitazione solleva, fino alla presunzione, da cui a volte si ripiomba dolorosamente a terra. La depressione fa scivolare in giù.
- nell'inclinazione: ci si tira indietro per diffidenza, per respingere e rifiutare. Fino ad instaurare una controversia preventiva. Ci si lascia andare perché si desidera, per proiettarsi verso un obiettivo. O per accaparrare.


- nella dinamica del gesto (parallelo) che assimila più o meno entro parametri ordinati, (sinuoso) che esplora a ventaglio per confrontare e rielaborare, (contorto) che analizza, verifica e controlla per rassicurarsi.
- nella personalizzazione dell'ordine o disordine, che sfugge o meno alla replica composta dei segni, in maniera vivace, caotica, incomprensibile
- nei ricci (tratti finali e non, caratterizzanti del soggetto scrivente), cioè i "capricci" in bene o in male del carattere
 
- negli inceppamenti del  movimento sinistra/ destra che, escludendo come fattore scatenante lo strumento scrittorio, possono rivelare ansia, insicurezza, incertezza, interruzione o intensificazione del flusso emotivo, etc.
 
- nel procedere lento, fluido o impaziente della grafia.


Le modalità di relazione vengono svelate
- dalla larghezza che Io-che-scrivo lascio fra una lettera e l'altra. Vale a dire che le lettere rappresentano lo scrivente e lo spazio fra l'una e l'altra è quello che viene disposto per "accogliere" o meno l'altro.
- dalla larghezza che Io-che-scrivo lascio tra una parola e l'altra, la quale misura la capacità di senso critico, di interscambio fra ragione e sentimento; essa scioglie il mio soggettivismo e dichiara se lo spazio che sono disposto a donare all'altro (tra una lettera e l'altra) viene ditribuito equamente. (Questo spazio mediamente dovrebbe poter contenere 4 lettere)
- dall'inclinazione delle lettere (vd. es. "uffa" sopra)
- dal collegamento fra una lettera e l'altra, il quale dà la misura dell'attaccamento  (se tutte sono collegate tra loro senza soluzione di continuità) o del distacco (se gli stacchi della penna dal foglio prevalgono sui collegamenti).


Tutto quanto sopra descritto è solo una breve schematizzazione dei principali segni che costituiscono la base per un'analisi di personalità. Non viene fatta menzione di un fattore essenziale, e cioè dell'interazione dei singoli elementi tra loro, per costruire un profilo esaustivo.
Un segno grafologico che, preso singolarmente, può sembrare eccessivo, sia in negativo che in positivo, può essere controbilanciato da un altro segno che lo integra e lo completa. 
Ad esempio, in una scrittura  dalla forma prevalentemente curvilinea, gli angoli, che in linea generale rispecchiano un atteggiamento reciso, tagliente ed ostinato, diventano segnale di volontà e disciplina, quindi possono "correggere" una tendenza passiva/regressiva.
Viceversa, in una grafia molto angolosa, degli elementi curvilinei possono smussare le spigolosità e la tendenza a chiudersi in se stessi. 

(Nota : le immagini, create ad hoc, hanno un semplice scopo illustrativo).