venerdì 4 maggio 2012

La scrittura è un linguaggio...non verbale

Due definizioni classiche della grafologia sono rispettivamente enunciate da Crépieux-Jamin e Moretti: "Studio del carattere dell'uomo così come risulta dalla scrittura" e " Scienza sperimentale che dal solo gesto grafico di uno scritto rivela le tendenze sortite da natura o innate".
Senza la pretesa di offrire una nuova definizione, ma con l'obiettivo di proporre una più ampia visuale, si può definire la grafologia anche come uno studio dell'aspetto non verbale della scrittura. Tale affermazione può stupire, in quanto la scrittura è considerata come il linguaggio verbale per eccellenza; in effetti, però, la grafologia non esamina le parole, i concetti, i contenuti, ma la forma, il disegno, il movimento della mano. Proprio grazie a detto movimento, il grafologo è in grado di risalire dalla periferia al centro, dalla traccia all'autore, dalla mano al cervello, dal presente al passato e quindi alla "storia", con procedure affini a quelle adoperate da sociologi, antropologi e medici.
Tutte le scienze, come è noto, partono infatti dalle "tracce" per ordinarle, per cercare di elaborarle ed interpretarle, ricercandone le cause. Inserire, quindi, la grafolgia tra le scienze del linguaggio non verbale non è solo un'operazione lecita, ma anche di grande utilità per la comprensione e per la spiegazione del metodo adoperato.
Tutti i meccanismi neurofisiologici umani sono, ovvviamnte, universali, ma in ognuno di noi assumono modalità e connotazioni uniche, in quanto non è possibile che si avverino due patrimoni ereditari, due esperienze e due vissuti identici (neache nel caso di due gemelli monozigoti).
Nella scrittura, afferma Moretti, la fatica muscolare è lieve, delicata e quasi assorbita dal lavoro cerebrale, così da poter ricevere e trasmettere tutte le differenze dei fenomeni cerebrali. Da tali presupposti derivano la fondatezza e l'obiettività della grafologia, che da un prodotto unico è in gardo di risalire ad un processo unico.
Che tutto nell'uomo sia personale e derivi da un patrimonio ereditario ed esperienzale unico è, ad oggi, una constatazione fin troppo ovvia, grazie allo sviluppo delle ricerche psicologiche e dello studio degli aspetti non verbali del comportamento e della comunicazione. Voci, movimenti, gesti sono così personali che chiunque può facilmente riconoscere una persona da queste manifestazioni individuali. Moretti, però, rivela questi fenomeni quando ancora i linguaggi non verbali non erano studiati con lo stesso interesse e con le dovute strumentazioni adottate ai nostri giorni: "Non è spesso il colore della faccia, la modulazione della voce, il modo di camminare, un tic nervoso che serve a individualizzare o a riconoscere per il tale quel dato individuo? Il cervello aziona, sempre in modo personale su qualunque muscolo. Qualunque muscolo perciò ha la potenza, per mezzo della scrittura, di manifestare tutto l'io spirituale, morale come somatico".

Nessun commento:

Posta un commento